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Alla giusta distanza

Oggi all’apparenza iniziamo da lontano, parlando d’altro. In realtà è solo un modo per mettere meglio a fuoco alcune questioni, ponendosi alla giusta distanza; a volte, infatti, guardando le cose troppo da vicino, si rischia di perdere il quadro generale.
Parliamo dunque del Frosinone, società blasonata con l’ambizione di tornare presto nella massima serie, che ci ha strappato uno degli allenatori più invidiati del momento, Vincenzo Vivarini (sorvoliamo sulla facilità sorprendente con cui costui si è lasciato portare via, venendo meno a ogni impegno preso con il Catanzaro: ora è questione che non serve riprendere). Il Frosinone, dicevamo, squadra da ricostruire, che ricomincia con un nuovo progetto tecnico-tattico dalle luminose prospettive: bene, dov’è ora in classifica il Frosinone di Vivarini? Quali mirabolanti risultati ha ottenuto finora? Come è noto, è addirittura penultimo (precedendo di un solo punto addirittura la Sampdoria, altra blasonatissima e ambiziosissima società che dichiaratamente aspira al ritorno in serie A) e, come se non bastasse, nell’ultimo turno ha rimediato una sconfitta catastrofica contro il Brescia, con un Vivarini terreo a balbettare in sala stampa frasi un po’ sconnesse («Non me lo aspettavo», «non avevo previsto una cosa così» ecc.) e chissà, forse pure un po’ pentito di scelte un tantino frettolose che lo hanno allontanato da ben altre prospettive sportive…
Magari chi legge si starà chiedendo perché parlare di tutto questo. Il motivo c’è e ci riguarda direttamente, ed è questo: al di là del giudizio che si voglia dare di Vivarini, indubbiamente la storia dimostra che è un ottimo allenatore, eppure anche lui, trovandosi a ricominciare da capo in un ambiente, in una società e in una squadra nuovi mostra enormi difficoltà e necessita di tempo per sistemare le cose. A maggior ragione ne ha bisogno il Catanzaro di Caserta, che, non certo per propria colpa, è stato costretto a partire in netto ritardo per organizzare la nuova stagione. Eppure le aquile, sebbene evidentemente non brillino e anzi talora stentino parecchio, comunque non si trovano nella situazione del Frosinone: significa che Caserta e la società stanno lavorando bene. Il fatto è che questo ‘bene’ non si vede ancora in termini di gioco e di risultati, ma in ogni caso si fa sentire in piccoli ma significativi progressi (ad esempio la porta inviolata, il fatto stesso di venir via da un campo difficile come quello del Cittadella con un punto, la condizione in via di miglioramento di alcuni elementi importanti).
Ricordiamoci inoltre che mai come quest’anno è vero che l’obiettivo ultimo non può che essere quello di mantenere la categoria e da questo punto di vista la situazione attuale, che non potrà che migliorare, risulta coerente con gli obiettivi. Chi pensa che sia obbligatorio raggiungere la promozione in A per non dover parlare di fallimento, sbaglia: decenni di serie C sono ancora lì a ricordarci costantemente quanto sia vicino l’inferno, da cui difficilmente si viene fuori, e quanto invece sia rasserenante e dignitoso il purgatorio, che, come spiega Dante, ha una caratteristica fondamentale: chi ci arriva è già salvo ed è solo questione di tempo, ma alla fine è destinato al paradiso. È per questo che le anime del purgatorio nella Divina commedia sono tranquille anche se sottoposte alle stesse pene dei dannati infernali: sanno che quel travaglio, quelle sofferenze, quelle difficoltà sono temporanee e addirittura indispensabili a ottenere un perfezionamento che le renderà degne del trasferimento in cielo, quando Dio vorrà. Queste le parole del sommo poeta: «Spene … uno attender certo / de la gloria futura, il qual produce / grazia divina e precedente merto», vale a dire: «La speranza è un’attesa certa della gloria futura, che è prodotta dalla grazia di Dio e dai meriti precedenti». Dunque la nostra deve essere un’attesa fiduciosa di un futuro glorioso, in cui possiamo ragionevolmente sperare per la benevolenza divina, che ci ha regalato una società forte e seria, e per i meriti che abbiamo acquisito in anni di sacrifici, progettazione attenta, oculatezza amministrativa, passione incondizionata di chi ama questi colori.
Il mio amico Matthias mi ricorda ogni tanto una frase attribuita a William Shakespeare: «Soffriamo troppo per quello che non abbiamo e gioiamo troppo poco per quello che abbiamo». Credo che nella vita come per il Catanzaro in effetti capiti spesso così…

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