Caro Floriano, tanto lo so che, questa, sarà l’ultima volta. E fra un anno questo abbraccio avrà un altro sapore.
Perché tu, e tuoi fratelli, siete abituati a fare le cose per bene, senza lasciare nulla a metà. E la metà che, adesso, ci manca è la serie A, il regalo che una città che vi ha dato tanto merita. Il regalo che i tifosi del Catanzaro sparsi in tutto il mondo meritano ancora di più.
Caro Floriano, è stato bellissimo. Anzi di più. E aver perso non importa nulla.
Dispiace solo perché ci eravamo abituati. Ad allungare la nostra sera, a darle un senso, a vedere una città in festa e in fermento. A sentire tanti dialetti diversi, a cucire quartieri, paesi, strade e persone. A fermarci ai piedi dei nostri giorni e a sognare senza sfarzo e senza inganno.
Torniamo, adesso, al nostro destino senza strappi, e con lo stesso sorriso. Ora che ci hanno detto che si può fare.
A immaginare di poter dire la nostra, e non solo io c‘ero. A sentire parlare dalle Alpi alle Madonie di una squadra che gioca bene a calcio e dei suoi tifosi, senza età e senza numero, che hanno il colore del sole. A vivere un’idea, un’emozione, e un desiderio a cui non eravamo più abituati.
Adesso non è il tempo del silenzio. Adesso è il tempo della gioia, di tuffarcisi dentro, di cullarla e ringraziare chi ce ne ha fatto dono. Te, i tuoi fratelli con Noto Desiderio in testa, l’U.S. Catanzaro 1929 tutta, Fabio Caserta persona straordinaria e tutti i tecnici, i collaboratori e, soprattutto, loro, Iemmello e i suoi compagni di squadra.
Adesso è il tempo di costruire.
Adesso è il tempo di prenderci per mano e continuare.
Sì, continuare che è un verbo bellissimo, perché vuol dire portarsi addosso un passato, un’esperienza, un cammino, una memoria.
Sì continuare a sperare che, se verrà e quando verrà, non sarà solo per noi.
Perché Forza Giallorossi è un inno, una canzone, una preghiera senza padri. Ma di tutti. Di chi è altrove, nel nostro ieri, in un rimpianto, in una lacrima, in una vena del cuore. Eppure sogna a Catanzaro.
Caro Floriano, grazie.
Perché in quest’abbraccio ci siamo tutti.
Perché quest’abbraccio è una promessa.